giovedì 19 settembre 2013

Stian Hole, Garmann, Wes Anderson e la luna nuova. In una parola: settembre

A settembre l'arancio del sole si riversa nelle foglie secche, nei loro tappeti sotto gli alberi; il calore nei frutti maturi. Mese di transizione e di fermento, settembre era denominato Fruttidoro e poi Vendemmiaio nel calendario rivoluzionario francese. Ma la cosa più importante è che piove.
L'estate è quasi finita. A Garmann non è ancora caduto nemmeno un dente e la scuola inizia domani. Perché non basterebbe un esteso preambolo a rendere l'atmosfera settembrina, ma basta una sola frase per rivivere la paura e l'emozione del primo giorno di scuola. E' quello che avviene ne L'estate di Garmann (Donzelli Editore 2011) di Stian Hole.
Stian Hole, L'estate di Garmann, Donzelli Editore 2011 - copertina - © tutti i diritti riservati

Con una scrittura semplice e chiara, l'autore norvegese racconta la paura di un bambino di sei anni: Garmann teme il cambiamento, la crescita. La paura del piccolo Garmann è importante. Lo dimostra il confronto con le tre anziane zie in visita (verosimilmente allegro trio da Belleville), il cui timore della morte è al contrario dolce e a tratti ironico. Garmann cominica la sua ansia e la sua emozione, è curioso di sapere se anche i grandi possano temere qualcosa. Attraversa la sua estate nella speranza che i suoi denti inizino a cadere, e diventa cosciente che crescere non vuol dire non doversi più spaventare.
Alla linearità e alla schiettezza della scrittura, Hole giustappone una grafica ricca e particolareggiata e mostra un universo narrativo peculiare (la femminilità e la cucina dagli anni cinquanta; i lego e gli skateboard dagli anni novanta; il collage-decoupage dalla pop art americana, e dall'america del sud il clima mite e il paesaggio naturale).
Per raccontare l'estate di Garmann e la sua emozione occorre un libro raggiante fin dalla copertina, che irradia luce e tepore. Qui Garmann è, assiame all'estate, figura letteralmente centrale, centrali sono la sua espressione crucciata e i suoi braccioli: è nell'acqua, ma deve ancora imparare a nuotare. Sta iniziando a viaggiare, come la nave all'orizzonte, la sua esperienza sa di fresco come le fronde degli alberi, d'antico come i caratteri dell'intestazione.

Alcune illustrazioni di Stian Hole tratte da L'estate di Garmann © tutti i diritti riservati

La cifra del libro è la semplicità, come suggerisce la costa col suo cielo sereno; la sua essenza è una dolcezza discreta, racchiusa in un barattolo chiuso dove il libro si chiude, per serbare la fragranza dell'estate e poterne assaggiare i colori tutto l'anno. I fiori e i frutti estivi costellano tutto l'albo, insieme agli insetti che volano da una foglia all'altra, a volte sotto forma di spille, a volte di zie. Le atmosfere irretiscono con la loro ambiguità: vivide e reali nei dettagli e insieme fantasiose, a tratti surreali. Sfogliare il libro è attraversare la mente di un bambino: Hole ne assorbe tutti i componenti (sembrerebbe tornato bambino lui stesso) e li redistribuisce in un collage digitale poetico e genuino. Le immagini nitide e spesso fotografiche mi fanno pensare al cinema, riconosco in un libro l'espressività di un film.

Locandina del film Moonrise Kingdom, Wes Anderson 2012 © tutti i diritti riservati

Penso a un percorso uguale e contrario che mi aveva colpita nel lavoro di Wes Anderson. Nelle sue storie, infatti i protagonisti sono sempre bambini, anche da adulti. Tutta la famiglia Tenembaum (The Royal Tenembaums, 2001); i tre fratelli in viaggio (The darjeeling limited, 2007). O, ancor meglio, sono bambini da cui gli adulti non possono che imparare: in Moonrise Kingdom (2012) la piccola Suzy si guarda intorno con un cannocchiale, per vedere bene ogni cosa nonostante la sua distanza, mentre sua madre (una splendida Frances McDormand) è distante anche quando è in casa, e usa un megafono per parlare. Su un'isola dove tutti gli abitanti sono isole a loro volta, due bambini, Suzy e Sam, si innamorano e fuggono per stare insieme. La loro fuga ricalca la struttura narrativa della fiaba in ogni passaggio.


Moonrise Kingdom (Wes Anderson 2012) il bagaglio per la fuga di Suzy contiene solo libri illustrati

Non a caso i bagagli di Suzy sono solo libri illustrati. Moonrise Kingdom è un tributo ad altre forme di espressione: la composizione musicale, a sua volta narrazione sonora; nella fotografia sembra visibile il tratto di artisti come Norman Rockwell. Non solo. Questo e gli altri film di Wes Anderson sono caratterizzati da piano-sequenze rallentate, dove le immagini sembrano volersi fermare, come sulle pagine di un libro. "Sintagma autonomo" o unità narrativa compiuta, la piano-sequenza, di per sé quadro nel film, è in Anderson pura illustrazione!

Moonrise Kingdom (Wes Anderson 2012) © tutti i diritti riservati; Stian Hole, Il segreto di Garmann, Donzelli Editore 2012 © tutti i diritti riservati

Confusione: lucidità.
Suzie e Sam vivono la loro passione in luoghi inesplorati e fantastici, attraversano l'isola tra spiagge e foreste e proprio in una foresta ritrovo il nostro Garmann, che dopo aver iniziato ad affrontare la crescita, vive l'avventura dell'amore. Inizio a sfogliare un nuovo libro: Il segreto di Garmann, (Stian Hole, Donzelli 2012)

Stian Hole, Il segreto di Garmann, Donzelli Editore 2012 © tutti i diritti riservati

Può essere eroico e tormentato, l'amore, o anche timido e segreto; si nasconde facilmente tra gli alberi del bosco, e presuppone sempre una complicità. Suzie e Sam sono complici nella fuga, Garmann è complice del segreto di Johanne: i resti di una capsula spaziale. Dal segreto al progetto il passo è breve: incorniciati da una rigogliosa vegetazione, rappresentata fin nelle più minute foglioline, Garmann e Johanne lavorano per sistemare la capsula, sognando un viaggio nello spazio. Guardano le stelle. Siedono in riva al mare. Poi all'improvviso, si incontrano in un bacio. E senza muovere un passo, sfrecciano nell'infinito.
Ma ora basta film... in libreria c'è l'ultima pubblicazione di Stian Hole: Il paradiso di Anna (Donzelli Editore 2013), anche noi, col nostro amore per i libri, possiamo visitare un nuovo universo.

lunedì 2 settembre 2013

In lungo e in largo. Sul tratto e il ritratto di Albertine e Germano Zullo

La mia amica Caterina dice che sono sempre tanto calma. Se penso alla calma, a me viene in mente un treno che cammina. Perché un treno viaggia veloce, ma spesso non così tanto. Guardare il paesaggio attraverso il finestrino di un treno è una cosa meravigliosa: non è come guardare da una finestra, ma da moltissime. Le finestre che si aprono mi fanno pensare alle pagine di un libro, e forse allora dovrei riprendere a raccontarvi la storia che volevo condividere con voi.

In questa storia, io e Caterina lavoriamo in un negozio di giocattoli. Lei è slanciata, arriva sulle mensole più alte senza sediolina, io sono minuta e mi intrufolo in profondità negli scaffali. Io e Caterina siamo sempre state vicine di casa, ma solo per gioco, tra gli albi illustrati, ci siamo incontrate.
E' dicembre. A Montreuil, in Francia si svolge una delle più note fiere dell'editoria d'infanzia. Decidiamo di andarci. Mentre ci aggiriamo tra le figure dei libri, siamo affascinate da uno stesso tratto. E' il tratto sottile di un disegno che sembra scrittura per il modo in cui si articola sulla pagina. A volte ha linee fitte, come le righe di un quaderno, a volte è aggrovigliato, come il filo che si accumula in piccoli nodi inseguendo l'ago che cuce. E in questo stesso tratto ci riconosciamo. Lei in grattacieli equilibristi, io in binari diramanti.
Si tratta del tratto del pensiero di Germano Zullo e della mano di Albertine, che ci avevano già incantate con Les Oiseaux (Albertine e Germano Zullo, La Joie de lire, 2010, titolo pubblicato in italia da Topipittori: Albertine e Germano Zullo, Gli uccelli, Topipittori, 2010).



Albertine e Germano Zullo, Gli uccelli, Topipittori 2010, © tutti i diritti riservati

Dunque presto, ciascuna col suo libro sottobraccio, ci avviciniamo ai due autori per chiedere la dedica. E siamo così contente di vedere come questi autori assomiglino al loro lavoro! Sorridenti come tutto il colore che sprizza dalle loro figure (che il libro sia colorato o meno: in rari casi l'illustrazione è colorata anche se è in bianco e nero), gentili come il loro tratto sottile.
Soddisfatte ci addentriamo nella lettura di questi libri-ritratto, così uguali ai loro autori, così rappresentativi per noi.

Les gratte-ciel (Albertine e Germano Zullo, La Joie de lire, 2011), scelto da Caterina, è un libro alto e snello, come lei. Scorrendo le sue pagine si scorgono due signori dai nomi altezzosi, Agenor-Agobar Poirier des Chapelles e Willigis Kittycly Junior, che innalzano case-grattacielo, minuziosi cumuli di piccole cose, contendendosi il piano più alto. E' un libro sullo spazio, sul modo in cui lo si divora sempre più con case che diventano castelli, che con mille piani sembrano sfiorare il cielo, ma forse si allontanano solo troppo dalla terra.


Albertine e Germano Zullo, Les gratte-ciel, La Joie de lire, 2011 © tutti i diritti riservati


Fa pensare.
E le case crollano, con un gran frastuono pur essendo disegni.
E diventano moderne torri di Babele, al di sopra di ogni cosa. Ma ahimé, anche di una buona pizza che, lasciata sulla porta da un fattorino frettoloso, diventa la cena di una famiglia di cinghiali, cui capita sotto il naso.
Allora è meglio crescere o restare piccoli?
Caterina dice che ha scelto questo libro perché i suoi sogni crescono come grattacieli. Direi piuttosto che i sogni si diramano come le fronde degli alberi, come i loro rizomi.
E che mille piani (o Mille plateaux) nella mente sono il solo modo giusto di crescere, cioè sognando e restando un po' bambini: in fondo un sogno, quando è sincero e naturale, rischia di diventare reale. Semplicemente reale. Come i piccoli cinghiali che mangiano una capricciosa, nell'ultima illustrazione di Les gratte-ciel.

Siamo tornati a terra. E iniziamo a seguire i binari di Ligne 135 (Albertine e Germano Zullo, La Joie de lire, 2012). Il libro che ho scelto è una costa piccola sullo scaffale, ma una lunghissima distesa sul tavolo. Le sue pagine (come quelle di tutti i buoni libri) sono fatte per viaggiare da un capo all'altro del mondo. Per dimostrare che per andare lontano non serve poi tanto tempo, e che il tempo è sempre lungo se lo pensa un bambino.


Albertine e Germano Zullo, Ligne 135, La Joie de lire 2012 © tutti i diritti riservati


Il viaggio della linea 135 avviene percorrendo scenari disparati, urbani e campestri, con un ritmo scandito dai pazienti consigli di una mamma e una nonna e in contrappunto dalle pazienti contraddizioni di una bambina. Il risultato è una "melodia filosofica", com'è ben definito sul sito dell'editore.
"Mais quand je serai grande, je ferai en sorte que la vie défile au même rythme que lorsque j'etais petite" ("Ma quando sarò grande, farò in modo che la vita viaggi alla stessa velocità di quando ero piccola"), afferma la piccola viaggiatrice, muovendosi tra - stavolta letterali - torri di Babele della civiltà moderna, salva dalla morsa del tempo grazie ad un placido stupore, che l'accompagna immutabile che sia tra torri, ville o erbe di campo.
Ricordo il signor Palomar…

Ancora una volta, essere piccoli è la risposta. Fa sembrare ogni cosa più grande, per esplorarla si impiega più tempo, e quel tempo arricchisce la nostra vita.