domenica 24 giugno 2012

Chi viene e chi va. Alcune domande a Francesca Protopapa e Satoe Tone

Due illustratrici molto diverse tra loro, ma qualcosa di grande le accomuna: partire. Dall'Italia alla Francia, dal Giappone all'Italia, illustrAzione racconta un pochino l'esperienza di una scelta oggi molto frequente e significativa.
Satoe Tone: nata in Giappone nel 1984, laureata in Graphic Design and Illustration presso l'università Seika di Kyoto, ha pubblicato il suo primo libro Questo posso farlo, con Kite Edizioni nel 2011 e di recente il suo secondo libro, Il mio migliore amico, Kite Edizioni 2012. Usa l'acrilico, ama dipingere grassi uccelli bianchi dalle guance rosse. Dal 2012 vive a Milano.

tutti riuscivano a volare. lui no (Satoe Tone, Questo posso farlo, Kite Edizioni 2011)

ha cercato di utilizzare una scala, ma ha scelto il ramo sbagliato (Satoe Tone, Questo posso farlo, Kite Edizioni 2011)

posso farvi io da casa, se volete (Satoe Tone, Questo posso farlo, Kite Edizioni 2011)

la neve gelerà (Satoe Tone, Questo posso farlo, Kite Edizioni 2011)
Francesca Protopapa aka Il pistrice: nata a Roma nel 1979, laureata in Lettere Moderne presso l'Università di Roma Tre e in graphic design presso l'École Multimedia di Parigi. Ha pubblicato libri illustrati con diversi editori italiani e francesi. Usa tecniche miste e collage, ama dipingere figure di donna mutevoli ma dai tratti decisi e, sovente, in ogni forma, conigli. Dal 2006 vive a Parigi.

Il pistrice, Girlbox Lauren

Il pistrice, Girlbox Agathe

Il pistrice, Girlbox Anne

Il pistrice, 84
- Partendo da 3 motivazioni e 3 aspettative, come racconteresti la tua partenza verso la Francia/l'Italia?
Francesca: Quando ho deciso di partire per la Francia le motivazioni erano a portata di mano : la curiosità verso una cultura diversa, il desiderio di mettersi alla prova e di ritrovare la mia personale libertà in una città in cui avrei potuto fare a meno della macchina (ah ah ok, forse non era una motivazione principale quella della macchina, ma lo è diventata in seguito).  Sono una persona dalle forti ambizioni, ma anche qualcuno che sa partire dalla base, non ho grandi pretese, solo una forte tenacia. In ogni caso per ora è andato tutto più liscio del previsto. Avevo molte aspettative, ma principalmente cercavo di rendermi indipendente da un punto di vista economico, crescere professionalmente e trovare tempo, forza ed ispirazione per nuovi progetti creativi. 
Satoe: In Italia ho trovato l'occasione e la possibilità. Essere un'illustratrice è stato il mio sogno fin da quando ero piccola. Ma ora non uso più la parola “sogno”. Un sogno è qualcosa che puoi immaginare o sperare. Non voglio passare la mia vita solo sognando qualcosa. Vivo in un mondo reale. Il futuro è una conseguenza di quello che fai nel presente. Non posso decidere il futuro ma almeno posso provare ad indirizzarlo verso ciò che voglio. La mia vita non è un treno che ha una direzione già decisa e nemmeno una foglia che galleggia su un fiume. Volevo scegliere la mia strada, e sapevo chiaramente cosa volevo e cosa dovevo fare per seguirla. In Giappone non c'era opportunità per me, ma l'ho trovata qui in Italia. Ho trovato il posto per i miei lavori. Qui in Italia, le mie tavole non sono chiuse in una piccola scatola nella mia stanza. Hanno un posto fuori di essa, sono visibili. C'è possibilità per loro e dunque anche per me. Questa è la ragione per cui sono venuta qui.
- 3 importanti differenze dal punto di vista professionale tra il tuo paese e il paese dove vivi ora.
Francesca: La mia esperienza lavorativa in italia è lunga quanto gli anni universitari o poco più. Furono anni in cui m'impegnai in mille lavoretti, esperienze che si dirigevano in direzioni diverse in un momento della mia vita nel quale non avevo affatto chiaro quello che volessi fare : musei, biblioteche, scavi archeologici, animazione per ragazzi, librerie, molto tempo dedicato al volontariato (soprattutto in campo animalista), ma anche al disegno e alle prime esperienze di concorsi d'illustrazione e di grafica. La differenza sostanziale che sento è che superate le alpi, la parola italiana precarietà si trasforma nella francese dynamisme professionel. Il mercato del lavoro è grande e di sicuro c'è molta concorrenza nel mio campo, ma non è saturo, o almeno questa non è la mia sensazione. Ho sempre trovato un impiego con una discreta facilità, applicandomi certo, il lavoro non piove dal celo, ma qui il concetto di meritocrazia ritrova la sua forza. Senti davvero di essere selezionata perché hai il profilo migliore, nonostante il tuo spiccato accento italiano e senza raccomandazioni di sorta. Ma il punto è che ad un certo punto, e questa forse è la 3 differenza che sento come fondamentale, un lavoratore è libero di chiedersi: è questo lavoro che voglio fare? Ho raggiunto le mie aspettative? Posso trovare di meglio? Parlo della consapevolezza che il lavoro è tempo ed energia, e che la qualità della vita dipende anche da quello. Sapere che puoi lasciare il tuo lavoro per cercare di meglio e che lo stato francese ti coprirà le spalle durante i mesi di transizione, per me equivale ad una certa qualità della vita: la possibilità di cercare di migliorare se stessi e la propria condizione non restando incastrati in un presente che non ci piace. E questo vale anche per chi vuole rivoluzionare il suo percosso professionale, passare ad un campo di lavoro completamente diverso. Qui ho visto corsi di formazione del comune (gratuiti) frequentati da cinquantenni ingegneri che sognavano di aprire attività di ristorazione o altro ancora. Questo non perché nella vita il cambiamento sia fondamentale per la qualità della vita, ma perché per me lo è la possibilità di farlo.  Aggiungo una quarta differenza. Quando inizi a lavorare qui, a 25 anni, non ti prendono come un ragazzino, un apprendista, uno che non conta. Sei preso in considerazione come professionista, qualunque sia il tuo lavoro: cuoco, architetto, grafico, artista. Si ho detto artista, perché qui quando dici che sei un'artista non ti chiedo sospetti quale altro lavoro tu faccia, ma in che galleria esponi o se pubblichi dei libri! 
Satoe: 1- Riguardo i libri per bambini, in Giappone le storie sono ridotte a qualcosa di schematico, come uno sviluppo che vada da 1 a 10. Io credo che la storia abbia uno sviluppo più logico paragonata all'italia. Qui in Italia mi sento più libera, più poetica. A volte, la storia non ha una storia, nel senso che abbiamo bisogno di immaginare qualcosa oltre la storia. 2- Lo stile dei libri per bambini giapponesi è come le caramelle. Edulcorato e con nulla di “cattivo”. In Giappone, i libri per bambini sono per bambini. Lo stile nelle illustrazioni è molto “carino” per i bambini, ma non per gli adulti, anche se gli adulti potrebbero apprezzare la storia. In Italia lo stile è invece come un caffè con un po' di cioccolato. Dolce ma anche amaro. In Italia si può dire che i libri per bambini siano anche per grandi. Gli adulti possono apprezzarne le illustrazioni. Il modo di dipingere è più artistico, ai bambini potrebbe non piacere, ma gli adulti possono ammirarlo (nel punto 2 ovviamente non mi riferisco alla completa totalità degli illustrati giapponesi, in ogni posto ci sono diversi stili, è solo un'impressione generale). 3- Il linguaggio, la cultura, l'aspetto fisico sono completamente differenti. E fanno apparire ogni cosa diversamente.. Ovviamente ogni cosa è diversa, ma in fondo in fondo io proprio non riesco a cogliere la differenza. Come uova con gusci decorati in modi diversi. Fuori sono completamente diverse ma dentro sono uguali. Dopo tutto siamo tutti esseri umani. Sopraggiungono sempre prima i pregiudizi, ma se guardi il mondo accuratamente... ti liberi dei pregiudizi. Qualcosa ci accomuna.
- Quanto il paese in cui vivi hai influenzato il tuo stile espressivo per caratteristiche locali o tendenze predominanti dell'illustrazione?
Francesca: Decisamente si, ma nei miei progetti personali il mio stile espressivo è legato all'istinto, a ciò' che ho di più profondo. Non sono un'illustratrice dalle tecniche raffinate, ma piuttosto qualcuno che vuole trasmettere delle sensazioni, la forza dei suoi personaggi attraverso i loro sguardi. Non saprei dire in cosa mi ha influenzato questo paese, sono così tante le fonti d'ispirazione che si hanno a disposizione. Va detto anche che sono affamata d'immagini sul web e mi nutro continuamente d'informazioni e photo che veicola internet. Diciamo che per quello che sento, Parigi mi ha fatto sentire libera di allargare i miei orizzonti e di lasciare che la mia ispirazione si alimenti di fonti diverse nell'arte come nell'illustrazione.  Non conosco persone che abbiano seguito scuole professionali d'illustrazione in Francia, non saprei dire se hanno un'impronta comune dal punto di vista tecnico o immaginifico, ma se posso dire la mia, credo che in Italia questa tendenza ci sia. Malgrado l'altissima qualità degli illustratori italiani, li vediamo vincere concorsi europei ed imporsi con case editrici straniere, trovo che tra gli emergenti ce ne siano troppi che si assomigliano in modo quasi imbarazzante. 
Satoe: Oggi possiamo vedere ogni cosa su internet... o in qualsiasi modo. Se non fosse stato così, le differenze sarebbero state ovvie come in passato. Ma io non vedo così grandi differenze. In effetti, credo di essere influenzata da molte cose, non solo giapponesi. Non so dire se questo sia positivo o negativo. Comunque, sono sempre stata interessata all'uso dei pigmenti minerali nella pittura giapponese. Sono materie molto belle e molto sensibili. Mi piace molto la sensibilità. Fragile e forte. pungente e tenera... Non ho ancora trovato il modo di combinare del tutto i miei lavori con l'acrilico e i pigmenti minerali, ma lo troverò.

giovedì 21 giugno 2012

Presto


. Alle 7 di mattina mi preparo per andare a lavoro. Alle 7 di mattina rubo cinque minuti di sonno, che valgono più di una notte intera. Alle 7 di mattina dormo profondamente. Alle 7 di mattina guardo. Guardo dalla finestra il risveglio del quartiere, guardo le cose nella stanza qua e là, fotografia della giornata appena trascorsa. L'atmosfera è calma, il tram tram non c'è ancora, anche il più piccolo rumore si può ascoltare. E'questa atmosfera che molte delle opere di Alberto Macone riescono a suscitare, un breve momento di transizione, tra l'avere fretta e il dormire, in cui molto ancora riesce a parlare. Ermetica ed eloquente la chiacchierata delle 7 con Alberto Macone è, ai nostri occhi, un'ottima colazione :)

mercoledì 9 maggio 2012

Mostri in libertà perché la libertà non è un mostro. Maurice Sendak

I mostri selvaggi continueranno ad accompagnarci come hanno fatto negli ultimi quarant'anni, ma Maurice Sendak è morto ieri, 8 maggio 2012, all'età di 83 anni. Where the wild things are,1963, capolavoro di Sendak, è stato pubblicato per la prima volta in Italia da Emme Edizioni nel 1981 con il titolo Nel paese dei mostri selvaggi ed è attualmente pubblicato da Babalibri. Max (protagonista della storia) e molti altri bambini hanno dato via libera alla propria immaginazione riempiendo la propria cameretta di creature fantastiche, viaggiando a lungo nel suo spazio dilatato nel tempo di una cena, o nei minuti di dormiveglia, come Alice Liddell ha fatto nel suo meriggio d'oro. Come Alice, Max è un bambino vispo e a tratti irriverente, ma non per questo l'autore lo rimprovera. La curiosità, la vivacità e l'immaginazione vanno al di là dei moralismi, come anche l'affetto dei genitori. Così, anche dopo una punizione (che la mente trasforma in avventura) la cena attende calda e calorosa il bambino affamato.
La storia di Sendak coinvolge i bambini e insieme parla dei bambini, e uno dei suoi pregi è proprio questo, che permette di unire il reale all'irreale. Ma un'altra storia di Sendak affascina e coinvolge, nonostante la sua scarsa popolarità in Italia. Si tratta della storia di Luca, la luna e il latte (The Night Kitchen, 1970, edizione italiana di Babalibri). Una notte dall'immaginazione particolarmente pastosa ingloba in se un bambino, facendolo scivolar via dal proprio letto e dal proprio pigiama come uno schizzo di latte. Un cuoco ciccione infatti, scambia proprio Luca per il latte, e lo adopera per il suo impasto. Comincia allora un viaggio avventuroso e ancora più inaspettato, nella dispensa, sorvolando uno skyline di bottiglie di latte e barattoli di pomodoro. E ancora una volta l'immaginazione di Sendak non si lascia arginare da alcun moralismo. Il piccolo Luca sguscia via dal suo pigiama, e nudo si lancia nella sua avventura, senza malizia. Che sia spudorato? Che il cuoco somigli più a Hitler che a Oliver Hardy? Che sia sconveniente usare un bambino in una ricetta di cucina? Lasciamo queste domande da parte, nulla conta se non ci darebbe peso un bambino.

lunedì 30 aprile 2012

Aspettando Andersen

Tra meno di un mese saranno eletti i vincitori della 45° edizione del Premio Hans Christian Andersen – Baia delle favole, concorso dedicato alle fiabe inedite suddivise principalmente in quattro categorie in base alla fascia di età cui sono rivolte (0-6 anni, 6-9 anni, 9-12 anni, oltre i 15 anni; ma anche miglior albo illustrato, miglior libro fatto ad arte, miglior libro di divulgazione, miglior libro mai premiato). Il premio è stato fondato a Sestri Levante da David Bixio nel 1967, ed hanno fatto parte della sua giuria grandi personalità tra cui Italo Calvino, Emanuele Luzzati, Alberto Moravia. La giuria vedrà protagonista nel 2012 anche lo scrittore Roberto Piumini. Tra i finalisti selezionati, IllustrAzione incrocia le dita per alcuni lavori che ha particolarmente a cuore.
Claudia Rueda, NO, Lapis 2011 (collana i Lapislazzuli) Finalista Andersen per la categoria Miglior libro 0-6 anni, assieme a Piccolo uovo (Francesca Pardi- Altan, Stampatello Edizioni) e Tortaintavola (Thé Tjong-Khing, Beisler Editore); candidato al premio Nati per leggere, Torino 2012. E' candido ma anche colorato, delicato ma insieme ben definito l'inverno della colombiana Claudia Rueda, che con la stessa semplicità con cui mostra una natura fredda e innevata racconta il rapporto di mamma orso col suo cucciolo, la protettività e i primi slanci di autonomia dei piccoli.
Stian Hole, L'estate di Garmann, Donzelli 2011 Finalista Andersen per la categoria Miglior libro 6-9 anni, assieme a Il giorno in cui la mucca starnutì (James Flora, Orecchio acerbo) e Chi vorresti essere? (Arianna Papini, Kalandraka); vincitore dei più prestigiosi premi internazionali: Bologna Ragazzi Award 2007, Prix Sorcières 2009, Best Children’s Book of the Year 2009. La particolare abilità del norvegese Stian Hole nel fondere disegno digitale e fotografia in una immagine che rispecchia molto la realtà visiva di molti dei bambini moderni, usi al computer e alla televisione si dedica in questo libro alla vicenda (una tra tante) del piccolo Garmann, che vive la fine dell'estate con trepidante attesa, perché i suoi denti cadano prima che la scuola cominci. Garmann ha paura, e si chiede se ce l'abbiano anche gli altri. L'estate che sta per finire è l'ultima prima dell'inizio della scuola, Garmann vive un importante fase di transizione della sua vita. Ma non è forse transizione tutta la vita stessa, a partire da questo momento? La vità riscopre così una storia frattale, fatta di fasi ed episodi che si assomigliano pur essendo così diversi. Garmann scopre allora che anche le anziane zie hanno paura di morire, e che la mamma ha paura di allontanarsi da lui. E ci si accorge che se un bambino trova protezione e conforto negli adulti, in fondo anche le paure degli adulti sono più affrontabili se le si guarda con gli occhi di un bambino.
La storia e il collage pop-retrò di Hole riescono con una toccante poesia e con grande ironia a far affrontare l'idea del tempo che passa, tema su cui riflettere ma anche, nonostante tutto, tramonto, e quindi meravigliosa atmosfera.

venerdì 23 marzo 2012

Chloe, invece...


Bologna children's book fair .
Nel coacervo di cartelle di lavoro camminanti, scarpe improbabili e sorrisi di ogni dove che è la fiera di Bologna, dopo essermi soffermata tra le pagine pendenti di Topipittori, aver preso parte al viaggio con tanto di bagagli in Portogallo e soprattutto dopo l'incontro fortunato della dolcezza di Satoe Tone , i miei occhi sono calamitati dal verde intenso e vispo degli occhi di Chloe .
Chloe non mi guarda, è intenta a leggere.
Di sicuro mentre trama qualche gioco divertente da fare, che sua sorella maggiore Molly non troverebbe poi così divertente.
Così mi sono messa a sorvegliarla, Chloe, e direi che ce n'era davvero bisogno, perché l'ho beccata a mangiucchiarsi tutti i colori a cera di Molly.
Allora qualcosa mi è balenato in testa: che avesse per puro accidenti preso anche i nostri?
E il punto non è tanto Chloe, ma il fatto che i nostri colori non si trovano più. Allora me li sono messi a cercare nelle immagini esposte nella mostra, ma ne ho trovati ben pochi.
Mi sono avvicinata allo stand BiB ... fuochino (soprattutto grazie al calore dei pesciolini focosi di Simone Rea). Fuocherello tra le valige e le scale portoghesi.
Ma l'unico posto dove i colori sono andati a cacciarsi davvero sono gli occhioni affamati della mia piccola Chloe.
E come farebbe lei, mi chiedo: perché??

Di certo la ragione è da ricercarsi in parte nella provenienza del papà di Chloe, Micah Player , illustratore che tanto per cominciare gioca davvero, americano e nello specifico proveniente dalle Paul Frank Industries. Ma non mi soffermerei solamente su candies e takeiteasy filosofia.
Credo più che altro che Player, come Chloe, non mi guardi affatto, e non guardi gli adulti. Per questo il colore, che in una fase più coscenziosa lascia spesso il passo al segno e ad una forma che si ritrae sempre più per lasciare spazio ai contenuti, dilaga invece spontaneo, come un bambino.
Sprizza dalle tavole del sud est asiatico, si concentra nei disegni ricchi di molti mediorientali, fa capolino da alcuni albi europei, ma forse avrebbe bisogno di qualche esortazione in più.
In fondo, se guardare attraverso gli occhi di Chloe può far riflettere, forse dovremmo farlo, e quindi iniziare una dieta più varia: che induca i bambini a mangiare le cose bigie e nutrienti, ma anche i grandi a mangiucchiare di tanto in tanto i loro colori.

lunedì 19 marzo 2012



Nell'ambito di IllustrAzione... Simone Rea ha presentato i lavori relativi alla sua ultima pubblicazione: El actor (A buen paso, Madrid 2011). Il libro, scritto da Uday Prakash, narra la storia di un giovane attore indiano, che pur nelle difficoltà di una vistosa disabilità riesce ad incantare le folle trasformandosi in mille personaggi diversi. Il suo piede è deforme, ma la deformazione non è necessariamente uno svantaggio. Il volto di Fakir Mohan (è questo il nome dell'attore indiano) infatti, muta con facilità creando animali diversi, dipingendosi di emozione. E il mutare di un viso contagia gli astanti, e i volti di ognuno si fanno stupiti, felici.
La storia di un cambiamento, di una forte energia che ha ragione di essere perché si irradi dalla scena (del teatro, della pagina).
La forza del rosso e delle sue sfumature, di un arancio letteralmente acceso, l'incisività del nero si stagliano nel bianco dell'immagine, coinvolgendoci nel forte gioco cromatico per poi svanire delicatamente, come foglie soffiate dal vento, come palloncini nel cielo, quando lo spettacolo si arresta. Senza tristezza, naturalmente.



L'esposizione ha visto inoltre protagoniste due tavole tratte dalle illustrazioni delle favole di Esopo (L'asino e il mulo e Il cane e la conchiglia)
e due tavole ancora inedite (Scimmie dallo spazio), in cui ancora una volta (è questa una costante nell'arte di Rea) sono gli animali a farla da padroni.



La poesia di un asino che guarda la luna, l'avventatezza di un cane e il suo pentirsi, la capacità di cogliere i dettagli, di meravigliarsi anche se si è una scimmia. Se, infatti, è comune nelle favole l'antropomorfizzazione degli animali, l'assurdità delle peculiarità umane attribuite a rane, topi, galline, le figure di Simone Rea sembrano suggerire anche (viceversa) quanto il mondo animale possa ancora insegnarci; quanto avvicinarsi alla natura possa oggi più che mai esser d'esempio. E in quest'attualità le forme compiute, i cerchi e delicate velature di colore di Simone Rea si sposano perfettamente con le più classiche delle favole, e con esse non smettono mai di dire ciò che hanno da dire.

musica silenziosa. daniela tieni


Colori che si addensano, ma restano leggeri. Superfici quasi concrete nella loro rarefazione. Forme che si mescolano, corpi che emergono e scompaiono in un atmosfera labile.
É l'opera di Daniela Tieni Scenario da osservare attentamente, che non si coglie mai del tutto, perché non è possibile esserne del tutto fuori.
Guardando bene infatti, quell'immagine, quel sentire, è dentro di noi. La tristezza, la gioia, la paura, il coraggio (di desiderare) è parte di noi, che ci sentiamo così illustrati dall'immagine.
Illustrare (dal latino illústris: che dà luce) è in un certo senso rischiarare, far emergere qualcosa che è solitamente nascosto. Dietro le quinte.
É così che l'insolito, il profondo si mette in scena, agisce, ed è agito dall'osservatore.
Ma non si da del tutto. L'atmosfera è infatti sospesa (queste le parole di Davide Calì), è un'attesa incessante, beckettiana, quotidiano teatro.
Nell'attesa lo scorrere del tempo si fonde nell'immagine, ne sbiadisce i colori. Il suo ritmo si insinua a determinarne le forme, l'equilibrio delle masse e dei toni cromatici in una visione d'insieme che è musica silenziosa, colonna sonora sussurrata del tempo attuale che si incomincia a sentire, se solo ci si sofferma a vedere.
Qualcosa, oltre un primo sguardo, resta, perché sia colta, tra le righe.
O dalle righe del libro il significato si estende nella pagina cedendo alle forma il suo contenuto.
Confesso che ho desiderato
Le immagini ri-velano nelle tinte velate un desiderio (Per sempre). La sua preziosità emerge con sofferenza, dolce, piano: confessare d'aver desiderato è trasformazione di un desiderio in qualcosa di espresso, realizzato. É il proprio io accettato, compiuto.
Una donna ritrova la sua essenza nel segreto della vita, di un piccolo essere che venendo al mondo tinge di nuovo l'attesa, cambia ogni cosa (Sogno).




Lo sguardo cambia: immutata la finestra (Aprile), il panorama è nuovo.
I piccoli arti, i piccoli occhi possono così finalmente avvicinarsi al mondo, conciliare l'immenso fuori con l'ingombrante dentro. E il tratto, già sottile, fa per scomparire, in una incisività tagliente, che nel sottrarlo non fa che affermare. Come le espressioni, i gesti struggenti. Come ogni dettaglio, (tagliente, appunto, anch'esso) pungente come un ago (A casa) di cui Daniela Tieni rende, con leggerezza, tutto il peso.

mercoledì 14 marzo 2012

pettirossi nel cemento. alberto macone


I lavori di Alberto Macone ricordano nella rigorosità e nelle geometrie la precisione scientifica, e insieme mostrano una dimensione intima e immaginativa, tutt'altro che slegata da un ambito come quello delle scienze.
Ambienti liberty, sfondi con motivi modulari di optical art e design anni 60.
Rigorosamente formale, lo spazio ingloba i corpi e ne sottolinea la sinuosità, l'introspezione che emerge proprio per contrasto con un'atmosfera precisa e controllata, statica.
Ingannevole, perché i soggetti (sempre persone) sono e immergono in un vortice, quando propongono beffarde (La scelta giusta, pensi che abbia scelta) o quando si piegano su loro stesse, a contenere e denunciare nulla e nello stesso tempo molteplici realtà (Gina Candy stops oil, Carne, carne ancora carne, Fashion victim).
Ma come nulla, come tutto, lo sguardo resta sempre inafferrabile.
E il silenzio si fa assordante negli interni, eloquente, vento hopperiano venato di un'ironia che si concretizza nelle Ibridazione uomini/animali (Out of Africa, Fashion victim, Scarpe su misura), nelle persone/oggetto (Illuminami, tritacarne?, Gina Candy stops oil), nel paradosso di cose troppo probabili che celano geometrie impossibili (La scelta giusta, Carne, carne, ancora carne, Una via d'uscita).




Illuminami, acrilico su cartoncino, cm 20 x 30; La scelta giusta, acrilico su cartoncino, cm 20 x 30

Le tinte sono spente: non un'illustrazione che tenti di essere viva, ma la vita stessa a farsi illustrazione, i corpi si tramutano in immagine e perdono, perdono la normale carnagione, e il colore raggiunge saturazione solo nei dettagli. Nel resto.
Sola cosa vivace, il dettaglio risalta e stimola ad immaginare, perché la quotidianità appaia in collocazioni nuove, come nei sogni, siano date possibilità. Perché il banale non sia più tale.

the end... is where we start from!

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.
Sono passati solo alcuni mesi da quando, sfogliando le Favole di Esopo secondo Simone Rea, ho pensato a quanto potesse essere bello vedere in una libreria come il Punto Einaudi Merulana, dallo spazio accogliente, le immagini degli albi illustrati che sfoglio ogni giorno e che rendono il lavoro in una libreria una esperienza meravigliosa. Così ho contattato Simone, e subito anche gli altri illustratori, nella convinzione che dedicare uno spazio espositivo all'illustrazione fosse per me la cosa più naturale e quindi più giusta da fare.
luglio
Dagli incontri serali in libreria siamo giunti così al primo allestimento, la mostra di Alberto Macone, alla quale io e Alberto abbiamo lavorato con dedizione di formiche, fino a notte fonda, perché il ciclo partisse al meglio.
Nel segno meticoloso e preciso delle sue immagini si è concretizzato il susseguirsi delle esposizioni di Daniela Tieni, Francesca Protopapa (Il Pistrice), Simone Rea, Alessandra Fusi e Franca Rovigatti.
E in questa trama di incontri si è tessuto un rapporto di cooperazione e amicizia che ha reso questo ciclo di esposizioni un'esperienza così preziosa.
settembre
Settembre è stata la volta di Daniela Tieni e del desiderio di vita di una donna che il segno delicato e tagliente di Daniela ha fatto emergere in Confesso che ho desiderato, il suo primo albo illustrato, pubblicato con Campass Edizioni nel 2011.
ottobre
Francesca Protopapa ha fatto irruzione nello spazio dell'Einaudi volando dal grigio parigino all' ottobrata romana, con le sue figure colorate e deformi, con la sua energia e con la storia di una donna diversa, una bambina peruviana e la sua semplicità (Corri lama corri, Sinnos Editore, Roma 2005).
novembre
Simone Rea è stata per me la mostra più attesa. Le sue tavole esposte a Casina di Raffaello durante l'estate mi hanno tenuta ore con il sorriso fisso su di esse, distogliendo di tanto in tanto gli occhi per guardare quelli dei bimbi a loro volta catturati dagli animaletti in panciotto e pantaloni. Un classico come Esopo, rispecchiato dal segno pieno di vita e senza tempo come quello di Simone.
Stupore.
E Simone mi ha stupita ancor di più, proponendomi le tavole (mai esposte prima) del libro appena pubblicato con A buen paso proprio in novembre: El actor. Con gioia abbiamo visto i toni caldi delle atmosfere indiane fondersi col colore delle foglie d'autunno, il rosso vivo stagliarsi sul nero e sul bianco di una storia piena di tristezza e di gioia.
gennaio
Dalla favola alla fiaba.
Questo è stato il grande salto che Alessandra Fusi ci ha proposto con le tavole di 7 gatti (Zampanera Editore, 2011), di nuovo animali ma in atmosfere fiabesche, variopinte. Alessandra ha portato nel ciclo il sapore pop surrealista che tanto dilaga in molte delle gallerie romane, e che di fatto caratterizza uno degli stili più visibili in questo momento.
marzo
Il ciclo di mostre si è concluso con un evento collettivo, in cui le tavole, così differenti per stile, accostate, hanno dato luogo al dialogo tra le diverse sfumature che l'illustrazione ha mostrato nelle esposizioni. Per l'occasione, Simone Rea ha esposto i lavori selezionati per il Bologna Children's Book Fair 2011, or ora di ritorno dalle mostre itineranti allestite dal Japan Board of Books for Jung People in numerosi musei in Giappone, e mai esposte prima a Roma.





Anche Alberto Macone ha presentato lavori inediti, (Altrove, Evolvo, Chiedimi se sono felice, Dicembre) in cui il suo segno puro e rigoroso ha iniziato a contaminarsi con la vita, presentandosi più opaco e materico.
Il Pistrice ha proposto i disegni e collages originali pubblicati sulla fanzine Squame.



A coronare il tutto sincronicamente, è stato protagonista Modi di dire, il testo scritto e illustrato da Franca Rovigatti, le cui immagini ironiche e vivaci, stampate su stoffa, sono state esposte insieme ad altri suoi lavori. Una serata bellissima ha chiuso questo ciclo di mostre (quest'ultima in corso fino al 10 aprile 2012) e ha dato il via ai nostri nuovi progetti.
Siamo dei piccoli semi... ma sta arrivando la primavera!